INFINITE JEST di D. Foster Wallace o L'intrattenimento fallito (o riuscito)

(Completo qui le considerazioni su Infinite Jest iniziate nel post precedente)




Infinite Jest è senz'altro un libro smisurato e, a proposito di tale mancanza di misura, credo che per David Foster Wallace, come per tanti altri casi attuali, si possa parlare di razionalità settoriale. Già qui avevo accennato al fatto che oggi in particolar modo “la nostra razionalità è applicata in maniera ... parziale, per motivi di opportunità e per mera abitudine a focalizzare l'attenzione su dettagli isolati da tutto il resto”. A mio avviso il modo di ragionare dell'uomo contemporaneo soffre di una sorta di autismo: si è perso il contatto con la realtà complessiva, si fondano i propri ragionamenti su saperi specialistici, di conseguenza si agisce incuranti o inconsapevoli degli effetti al di fuori del propria limitata sfera operativa, perciò senza porsi limiti.

Certamente non ritengo che la conoscenza di Foster Wallace della realtà complessiva fosse limitata, al contrario, però la mostruosa intelligenza dello scrittore americano, alla stessa stregua di quella di altri brillanti esemplari del consorzio umano, pare sia incapace di dispiegarsi su un intero complessivo, ma solo fin dove li porta la strada intrapresa (ok, mi fermo qui, il discorso sarebbe vasto e complesso). Così Foster Wallace ha scritto Infinite Jest lasciando a briglia sciolta le proprie capacità, realizzando infine un grande gioco solipsistico, in cui ha inserito tanti elementi esoterici riservati a pochi iniziati o uomini di buona volontà, ma incomprensibili per la maggioranza dei lettori e - questo è il punto – irrilevanti per chiunque.

Le tante pagine astruse e/o ininfluenti di Infinite Jest sono parte imprescindibile del libro in quanto, giustamente, le voleva il suo artefice. Credo inoltre costituiscano parte dell'attrattiva di questo romanzo in quanto, come ho già scritto, medaglie al valore intellettuale. Comunque s
ia, in questa maniera l'autore statunitense ha risolto tutta la ragion d'essere del romanzo nel suo pensiero, nella sua intelligenza, nella sua individualità. E, ripeto, va bene così. Tuttavia non convengo con chi ritiene che in tale diversità rispetto a testi più ordinari stia il suo pregio: preferisco allora, ad esempio, Arno Schmidt (ne ho scritto qui e ne scriverò ancora), astruso, complesso, originale, con tanto da dire e che per di più è arrivato quasi cinquant'anni prima di David Foster Wallace.

Infinite Jest ci parla di dipendenze da sostanze (parecchio), di rapporti familiari anomali, di competitività sportiva e non, di terroristi, di mari di immondizia, di televisione, cinema, pubblicità, dell'America e del futuro prossimo. Del mondo a venire e del mondo presente. Il suo è uno sguardo critico, ovviamente. Eppure è anche lo sguardo di chi è rimasto intrappolato dall'oggetto della sua critica e dal gioco che sta tentando di condurre. Egli stesso era rimasto incantato dalla Medusa che tentava di soggiogare.

Lo stesso Foster Wallace aveva intuito che, malgrado sperasse che parecchi lettori rileggessero Infinite Jest, molti di più nemmeno l'avevano terminato. Desiderava, per paradossale che possa sembrare che Infinite Jest venisse interpretato come un 'intrattenimento fallito', ma comprese che in fin dei conti era divenuto un intrattenimento riuscito (secondo me solo parzialmente) e temeva, quindi, di essere solo un intrattenitore di altissimo profilo. Timori ben riposti, che confermano il suo acume.

Infinite Jest non se
nza motivo è un punto di riferimento culturale per la generazione cresciuta col web. David Foster Wallace forse è davvero lo scrittore simbolo dei nostri giorni. La stratificata struttura di Infinite Jest, è stata assimilata a quella del web. La bulimia di dati, di informazioni, di stimoli, dello scrittore americano pare la stessa di cui soffrono i nativi digitali e parecchi di coloro che sono cresciuti con internet.

Un anno dopo l'uscita di Infinite Jest, nel 1997, fu pubblicato Underworld di Don DeLillo, di cui ho parlato in questo post. Un romanzo anch'esso lungo, polifonico, svolto su diversi piani temporali, non meno caleidoscopico di Infinite Jest, però unitario, armonico, ardua lettura, ma non per ciò una 
inconcludente sfida al lettore. Certo, rispetto a Underworld, opera di un autore più anziano di Foster Wallace, Infinite Jest ha maggiormente rotto gli schemi. A che pro è tutto da vedere.

N.B.: Alcune notizie sopra riportate sono desunte dal volume Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi. Vita di David Foster Wallace di D.T. Max., di cui parlerò prossimamente in questo blog.

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