INFINITE JEST di D. Foster Wallace o L'infinito balbettio

(Prima parte di un testo più lungo e impegnativo della norma. Che ben si addice, dunque, al soggetto cui è dedicato)



Quest'anno cade il ventennale dell'uscita di Infinite Jest di David Foster Wallace, pubblicato poi in Italia nel 2000. Se ne è parlato anche perché è uscito il film The end of the tour – In viaggio con David Foster Wallace la storia del confronto tra un giornalista e la “rockstar della letteratura americana” durante il tour promozionale di Infinite Jest (io però non l'ho visto programmato da nessuna parte...).

Ho ripensato a questo libro enorme (in ogni senso) - oltre millequattrocento pagine - che ho letto più di quindici anni fa. Non ho certo intenzione di ripetere quanto è stato dirompente Infinite Jest, lo si può leggere ovunque, in qualunque salsa, in qualunque lingua. Il contenuto del romanzo invece ve lo può spiegare anche wikipedia, qui.

La lettura di Infinite Jest non è agevole e non credo possa esserlo per nessuno. Foster Wallace non scrive mai i maniera banale, parecchi passaggi sono effettivamente coinvolgenti, divertenti, talvolta davvero geniali. Il suo stile è sontuoso, acrobatico, irriducibile, e la sua padronanza di terminologie tecniche e gergali è stupefacente.

L'elemento – non nuovo, ma qui ottimamente presentato - che più mi ha intrigato di Infinite Jest è che programmaticamente rappresenta un ampio arco narrativo che abbraccia il segmento di una narrazione più vasta. In fondo come le nostre vite, ampi o brevi archi che iniziano e terminano mentre intorno tutto continua a muoversi indipendentemente. Quindi Infinite Jest è privo di finale e di risposte. Se c'è un finale si trova oltre la fine del libro, sosteneva lo stesso Foster Wallace. Infinite Jest doveva proseguire nella mente dei lettori.

Scrivo di questo libro perché è effettivamente importante e rappresentativo della sua epoca. D'altra parte ciò non significa che sia un capolavoro. Non poche, lunghe pagine di Infinite Jest sono astruse e trascurabili. Troppe volte il romanzo non trasmette nulla se una sensazione di noia e di vana ammirazione per l'intelligenza dell'autore, il quale pare proprio vittima di un'intelligenza tanto eccessiva da seppellire il suo romanzo. Mary Karr, la sua compagna durante la redazione del libro, ebbe a dire: “Era talmente preoccupato di sfoggiare la sua intelligenza da non riuscire a comunicare un bel niente”.

A prescindere da quelle che potessero essere le intenzioni di David Foster Wallace ritengo che il suo non fosse un talento narrativo. Il suo ingegno probabilmente era in grado di raggiungere vette non alla portata di tanti talentuosi romanzieri, ma tali vette non è detto fossero grandi romanzi. Il talento di Foster Wallace era sì eccezionale, ma forse fuori luogo. Scrivere narrativa non è solo questione d'intelligenza.

Può darsi che Infinite Jest sia semplicemente troppo lungo. Ovviamente se la versione pubblicata di Infinite Jest è quella più vicina alle intenzioni dell'autore, pace, va bene così. Fare il processo alle intenzioni dell'autore non ha senso. All'autore la libertà di pubblicare come meglio crede, al lettore la libertà di esprimere le sue opinioni su quanto pubblicato. In questo caso la lunghezza del romanzo è un suo aspetto precipuo, perciò fingere il contrario e non rifletterci sopra sarebbe ipocrita.

Io fino a poco tempo fa ero convinto dell'immunità di David Foster Wallace dall'editing. Invece ho poi scoperto che l'editing c'è stato, accurato e in più fasi, con Foster Wallace obbligato a tagliare centinaia di pagine, ma più che mai determinato a mantenere intatte numerose parti del libro. Vista la mole che comunque ne è risultata l'editore americano di Infinite Jest ha puntato sulla lunghezza spropositata e sui contenuti inusitati per venderlo come una sfida al lettore. La strategia di marketing evidentemente ha funzionato. Tuttavia le prove a cui vengono sottoposti i lettori rendono lo 'scherzo infinito' di Foster Wallace un infinito balbettio solipsistico. Eppure l'autore doveva averci pensato perché proprio durante lavorazione di Infinite Jest era giunto alla conclusione che fosse necessario instaurare una più tradizionale connessione lettore-autore.

Dalla lettura del romanzo io, ma non solo io, ne sono uscito provando ammirazione per il talento smisurato di Foster Wallace, certo, però anche constatando come per l'appunto questo talento sia stato sprecato per mancanza del senso della misura.

In effetti, tutti ammirano in maniera pressoché incondizionata Foster Wallace, lodando la sua capacità di scrivere, la sua intelligenza fuori dal comune, la straordinarietà del personaggio e, insomma, il suo genio. Poco soffermandosi, in genere, sugli esiti reali del suo capolavoro o di altre sue opere. Una circostanza che mi pare indicativa.

Sono convinto che uno dei motivi per cui Foster Wallace è tanto cool e così insindacabilmente venerato sia perché molti degli argomenti al centro dei suoi libri, benché complessi fino all'incomprensibilità, rimangono accattivanti in quanto ammantati di ironia oppure in quanto si riferiscono a temi o soggetti che conosciamo grazie al consumo di televisione, film, libri. Insomma, forse non siamo all'altezza dei suoi ragionamenti, ma sappiamo benissimo di cosa parla. Foster Wallace è un genio, ma anche uno di noi, uno che guarda televisione e mangia schifezze, a cui piace giocare a tennis e che soffre di dipendenze come il nostro vicino di casa.

Un altro, fondamentale, motivo di venerazione è che Foster Wallace è talmente intelligente che averlo letto rappresenta una medaglia al valore intellettuale.


CONTINUA NEL PROSSIMO POST!



N.B.: Alcune notizie sopra riportate sono desunte dal volume Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi. Vita di David Foster Wallace di D.T. Max., di cui parlerò prossimamente in questo blog.

Commenti

Post popolari in questo blog

I RACCONTI DI SEBASTOPOLI di Lev Tolstoj: dall'eroismo di Putin a quello di Tolstoj

I fratelli Karamazov di F. Dostoevskij ovvero Quel che Fëdor aveva da dire

Elvis Presley. (L'ultimo treno per Memphis; Amore senza fine) di P. Guralnick: storia di un talento sciupato