IL PREFETTO di A. Reynolds: riuscito romanzo di fantascienza.


Il prefetto è un solido thriller fantascientifico del gallese Alastair Reynolds pubblicato in origine nel 2007. Si tratta del quinto romanzo ambientato, in veste di prequel, nel mondo di Rivelazione. L'autore ha dichiarato al blog Nocturnia di Nick Parisi: "Per quanto riguarda Il Prefetto tutto è cominciato a causa del mio editor dell'epoca che continuava a ripetermi quanto sarebbe stato interessante vedere il mio universo durante il suo periodo d'oro, prima cioè che arrivasse la peste destrutturante. Il problema in questo caso è il classico problema che si ha con tutte le utopie - cioè che sono noiose, a meno che qualcosa non cominci ad andare storta! Così mi sono concentrato sull'idea di basare il libro su una sorta di forza di polizia, con il compito di mantenere questa società al sicuro".
La linea narrativa segue la sua strada con pochissimi, lievi, cedimenti. Dalla sua il romanzo, oltre al ritmo sostenuto, ha un'ambientazione ricostruita in maniera 'credibile' – una fascia di habitat, asteroidi e satelliti, in orbita intorno a un pianeta. In particolare Reynolds, che avendo lavorato per l'ESA possiede un notevole background scientifico, riesce a mantenere la storia in equilibrio tra esigenze narrative e attendibilità tecnologico-scientifica.


Il punto debole de Il prefetto a mio avviso è forse il più tipico della letteratura di fantascienza, un genere che si caratterizza per idee e trovate stimolanti, talvolta geniali,  e che, per contro, sovente presenta personaggi piatti, simili a pedine nelle mani del giocatore-narratore, ma privi di vita propria e profondità. Ecco Il prefetto , malgrado una resa narrativa ottimale e un world-building riuscito, mi pare soffra della bidimensionalità dei suoi protagonisti. Ciascuno di loro gioca il suo ruolo all'interno dell'intreccio elaborato da Alastair Reynolds, ma tutti i protagonisti in fin dei conti rimangono meccanismi di un congegno per il resto ben funzionante. L'autore poi inciampa nel luogo comune del protagonista-superuomo cui tutti fanno riferimento, inclusi i suoi capi e cui tutti nei momenti difficili si rivolgono – poco verosimilmente – come all'oracolo dalla soluzione sempre pronta. Ciò che contraddistingue quasi tutti i personaggi principali è che devono scontare nel presente del romanzo una colpa del loro nebuloso passato: un'impostazione narrativa che sarebbe interessante se sviluppata in modo tale da infondere maggiore spessore ai protagonisti, ma ciò accade di rado, per cui questo tratto a volte mi ha ricordato, tragicomicamente, il prototipo degli eroi interpretati a suo tempo da Sylvester Stallone... Insomma, a mio modo di vedere, intreccio e ambientazione sono più 'credibili' dei protagonisti.



Il romanzo tocca il tema – oggi molto attuale – della democrazia diretta, che si suppone si potrà (o si possa ora) applicare grazie alla tecnologia e a strumenti informatici sempre più progrediti. Nel mondo futuro immaginato da Alastair Reynolds questa variabile democratica è impiegata a piè sospinto, ma presenta pericolose antinomie e non sempre risulta vantaggiosa per tutti.

La circostanza che le mie considerazioni abbiano prestato maggiore attenzione ai difetti del romanzo che non ai suoi pregi non deve comunque far pensare a una lettura di poco conto. Il prefetto, anzi, fa il suo dovere di godibilissimo romanzo di science fiction ritmo e ricostruzione dello scenario sono tutti a suo favore - pur con i limiti a cui ho accennato. Difficile che non sia apprezzato dagli appassionati del genere.

(Articolo pubblicato in origine su Andromeda il 14 dicembre 2016, qui. Qualcuno sui social mi ha fatto notare che ho calcato troppo la mano sui personaggi stereotipati del romanzo. Rimango della opinione espressa sopra. Il prefetto è un romanzo riuscito, ma in forza della storia ben congegnata e di un valido world-building. I personaggi per me rimangono superficiali, basati su luoghi comuni. Forse il richiamo (fuori luogo) in copertina a Le Carré mi ha ingannato e ha ingenerato l'aspettativa che Reynolds avesse fornito i suoi personaggi dello stesso spessore di quelli del maestro della spy-story. Così non è. Però il confronto tra i due scrittori, di generi differenti, forse può rendere l'idea di cosa intendo per personaggi credibili - quelli di Le Carré - e no - quelli di Reynolds, almeno in questa occasione)

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