I PROMESSI SPOSI di A. Manzoni ovvero Come distogliere i giovani dalla lettura


Il promessi sposi, in questa versione in audiolibro, è stata suddivisa in tre cd. Il mio ascolto è giunto quasi alla fine del secondo, poi ho gettato la spugna sopraffatto dal tedio. La lettura del compianto Paolo Poli non è ineccepibile, ma si tratta solo di un ulteriore handicap rispetto al testo vero e proprio.

Indubbiamente I promessi sposi è un romanzo curato come pochi altri, dove ogni parola è stata soppesata e scelta con acribia. D'altra parte Manzoni ha impiegato una vita per riscriverlo e limarlo.
Già in tanti prima di me hanno fatto notare che mentre Manzoni si concentrava su quest'unico romanzo altri autori europei contemporanei scrivevano ciascuno più opere di pari o superiore importanza. A prescindere da questo rilievo – se Manzoni voleva scrivere un solo romanzo perfetto, va bene così – I promessi sposi, seppur scritto in uno splendido italiano ha da dire assai meno di Il rosso e il nero o di La fiera delle vanità, per citare due capolavori coevi. Non basta scrivere in maniera più che impeccabile per farsi leggere in maniera proficua duecento anni dopo.




L'impressione che ebbi sui banchi di scuola fu quella di un libro essenziale per la storia e lo sviluppo della nostra lingua, ma che, dopo la vivace parte iniziale, risultava noioso. Purtroppo quella lontana impressione ha trovato conferma. I primi capitoli, con l'introduzione dei personaggi e degli ambienti, brillano per ironia, per esuberanza e tengono desta l'attenzione del lettore. Poi il lungo inserto dedicato alla monaca di Monza e, di seguito, la estenuante cronaca di Renzo alle prese con l'assalto ai forni di Milano, fanno calare un velo di noia che neppure la vicenda dell'Innominato, che pure ricordavo appassionante, riesce a sollevare. Quante minuzie scritte splendidamente e raffinatamente superflue.

Una considerazione sulla Provvidenza, secondo parte della critica autentica protagonista di un romanzo in cui i due protagonisti principali sono abbastanza piatti laddove i comprimari sono dotati di maggiore profondità: I promessi sposi offre senz'altro una prospettiva che corrisponde a quella, impregnata di cattolicesimo, di Manzoni, ma di qui a parlare della Provvidenza come protagonista ce ne passa. Credo più semplicemente che il capolavoro manzoniano sia un romanzo corale da cui traspare la fede dell'autore in un ordine inviolabile – benché certuni ci si provino, a violarlo – calato sul mondo dall'autorità divina.

In conclusione, ritengo sia bene conoscere I promessi sposi quale fondamento della lingua e della letteratura italiana, ma farne una lettura obbligata e approfondita presso le nostre scuole, presentarlo come un modello esemplare di romanzo, rischia solo di distogliere molti giovani dal piacere e dall'arricchimento che la lettura può offrire.

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