ANSCHLUSS. L'ANNESSIONE di V. Giacché o Della tendenza alla totalità dei governanti tedeschi


Questo è un libro che si prende in mano diffidenti, visto che ultimamente l'invettiva antitedesca va un po' di moda e il timore che anche questo volume voglia cavalcare l'onda è forte. In effetti Anschluss è decisamente critico verso i governanti tedeschi. Niente affatto, verso i cittadini tedeschi in generale, senz'altro più vittime che carnefici. Una critica che comunque origina da evidenze ineludibili, quasi mai affrontate da storici, economisti ed intellettuali.

Chiarisco, siccome mi sono trovato a condividere l'impostazione del libro, che io non posso disprezzare la Germania, la sua letteratura e la sua cultura. Basta dare un'occhiata a questo blog. Ammiro l'ineguagliabile apporto tedesco al rigoglio della musica classica occidentale. E quando da turista mi sono recato in Germania mi sono sempre sentito perfettamente a mio agio. Diciamo pure che tornerei in Germania tutti gli anni.

In Germania sovente pare di trovarsi nella culla della civiltà. Eppure – come tutti quanti, forse – la Germania sembra avere un suo lato oscuro. La letteratura più feconda e significativa del primo Novecento secondo me è stata quella di lingua tedesca (per dire i primi nomi che mi vengono in mente: Mann, Musil, Broch, Roth, Hesse, Brecht, Canetti, Schnitzler) tuttavia la terra che aveva dato i natali ai più grandi scrittori ed intellettuali dell'epoca 
contemporaneamente si abbandonava anima e corpo al nazismo, poi alla guerra che ne fu diretta conseguenza, per portare avanti il conflitto innescato da Hitler fino alla fine, quando oramai tutto era definitivamente perduto.

Anschluss riporta una pregnante frase di Honecker, ex capo di Stato della DDR, che in carcere negli Anni Novanta scrisse della 'tendenza alla totalità' come caratteristica costante dell'establishment tedesco occidentale. Caratteristica che avrebbe potuto benissimo attribuire anche a se stesso. E a chi venne prima di lui. E a chi venne dopo.




Nel bene e nel male pare sia prerogativa tedesca perseguire con rigore e perseveranza lo scopo prefisso
 o addirittura l'astrazione finale.
Ieri il totalitarismo nazista imposto all'Europa, fino alla fine. Poi il totalitarismo socialista imposto alla Germania Est, fino alla fine. Oggi l'ideologia neoliberalista imposta all'Europa tramite l'Unione Monetaria, almeno fino alla fine prossima ventura anche di questo progetto.
Più nello specifico l'imposizione del neoliberismo sulla UE ha luogo per il tramite della sua variante detta 'ordoliberalismo' (o 'ordoliberismo'), non a caso di matrice tedesca. Mario Draghi ha esplicitamente dichiarato: "La costituzione monetaria della Banca centrale europea è saldamente ancorata ai principi dell’ordoliberalismo" (dichiarazione menzionata fra gli altri da Limes 07/2015). Quindi l'ordoliberalismo sarebbe la 'costituzione monetaria' della BCE. Quindi, tutto sommato, la Costituzione tout court della UE... 
Con impareggiabile acume Carlo Galli, in un articolo pubblicato su Limes n. 3/2016, spiega che "l’ordoliberalismo tedesco (o quel che ne resta)" è quella dottrina politico-economica per cui "lo Stato garantisce la concorrenza con severe leggi anti-trust; non interviene sui prezzi (destinati naturalmente a scendere e a mantenersi su livelli d’inflazione fisiologicamente bassi); regola l’economia di mercato dandole protezione costituzionale (...). La decisione politica fondamentale è su che cosa sia conforme e che cosa non lo sia rispetto agli obiettivi dell’ordoliberalismo: (...). L’ordoliberalismo è un organicismo escludente,  (...) è in realtà esposto al rischio della rigidità e del dogmatismo. In parallelo, è anche un modello invadente: (...) c’è il mercantilismo, ossia la vecchia tentazione di un’economia orientata all’iperproduzione e all’esportazione «ostile», per impoverire e assoggettare i vicini senza necessariamente sottometterli politicamente (...). È da notare che l’ordoliberalismo non è al servizio di una esplicita politica di potenza; e anzi ne è il deliberato sostituto (...).Ed è anche da notare che questo modello ha dato i suoi frutti migliori quando costituiva una peculiarità «locale» (il «capitalismo renano») all’interno di una economia occidentale a trazione statunitense, nel complesso espansiva e inflattiva (keynesiana), all’interno della quale il mercantilismo tedesco non ha avuto effetti devastanti all’esterno e anzi ha fatto della Germania la locomotiva d’Europa, consentendole tempo stesso, di costruire un solido Stato sociale – per quanto la domanda interna sia stata sempre calmierata –. Quando invece l’ambiente esterno è divenuto il neoliberismo in crisi, come è accaduto nel XXI secolo, e sempre più intensamente a partire dal 2008, l’ordoliberismo tedesco vacilla: all’interno riduce di molto le prestazioni dello Stato sociale (le riforme Schröder-Hartz del 2003-2005, l’introduzione dei mini-jobs) tanto che secondo alcuni l’ordoliberalismo in senso proprio non è più che una facciata, soppiantato da un neo-liberismo appena mascherato; mentre verso l’esterno la politica deflattiva e il mercantilismo producono danni crescenti, ossia stagnazione e disunione dell’intera eurozona. La Germania unita divide l’Europa."

Tornando alla 'tendenza alla totalità', credo sia questa peculiare inclinazione al 'o tutto o niente', 'o la va' o la spacca', che talvolta conduce la Germania sull'orlo 
del precipizio, oppure oltre. O che le fa assumere atteggiamenti di evidente prevaricazione. Difficile non ricordare in proposito le assurde condizioni economiche imposte da Wolfgang Schäuble alla Grecia l'anno scorso ('o le accettate oppure uscite dall'euro') oppure l'approccio improntato a una inflessibile e unilaterale austerità da parte dello stesso Schäuble in ambito comunitario. Schäuble, che – guarda i casi della vita – “nel luglio del 1990, pupillo di Helmut Kohl che lo aveva voluto alla Cancelleria, prepara da buon avvocato il Contratto di unificazione tra la Repubblica federale e l’ex-Rdt” (così L'Espresso) stabilendo i termini della dismissione della Germania Est di cui Anschluss descrive i disastrosi effetti. Il buon Schäuble è intransigente nell'applicare i principi della propria fede ideologica. Implacabile.



Credo sia difficile negare l'esistenza di un sentimento diffuso, non solo in Italia, misto di rispetto per il rigore teutonico, per la tipica capacità di portare a termine quanto programmato, e al contempo di disprezzo per l'arroganza e l'inclinazione alla prevaricazione, forse altrettanto tipiche.

Passando alla disamina di Anschluss, tre sono i punti essenziali che animano questo saggio:
1) sotto il profilo storico, nel 1989 l'annessione della Repubblica Democratica Tedesca (Est) alla Repubblica Federale Tedesca (Ovest) non era affatto una scelta obbligata, ma fu l'opzione preferita dal più forte;
2) sotto il profilo economico, le conseguenze della parità tra marco occidentale e marco orientale furono disastrose per la RDT, come era stato previsto da analisti ed esperti, ma non dai politici occidentali;
3) sotto il profilo dell'attualità, il marco unificato fu un chiaro antecedente della moneta unica europea nella struttura e nei risultati. 




Vladimiro Giacché (foto sopra) con Anschluss. L'annessione si prende l'onere di spiegare in maniera chiara e comprensibile cosa è accaduto nella ex RDT all'indomani dell'abbattimento del muro di Berlino.
Credo manchi completamente, almeno in Italia, chi abbia descritto in maniera approfondita come è avvenuta la dismissione della RDT. Le fonti dell'analisi di Giacché, infatti, sono quasi tutte di lingua tedesca. Visto in lontananza e per quel che i media raccontano di solito, pare che l'accorpamento di una nazione da parte dell'altra abbia avuto luogo come un processo naturale, quasi come acqua che si aggiunge ad altra acqua per colmare il gran vaso Germania che attendeva solo di essere riempito del tutto. La forza iconica dirompente dei giovani entusiasti che scavalcano il muro di Berlino sotto gli occhi dei militari della Germania Orientale immobilizzati sembra cancellare qualsiasi altra considerazione. Ogni accadimento successivo pare seguire la caduta del muro come un inarrestabile processo a catena.

Tuttavia rivedere gli eventi con la lente d'ingrandimento dell'analisi storica cambia la prospettiva e rende più limpida la visione.

Innanzitutto, che si dovesse procedere all'unione delle due Germanie non era affatto scontato, almeno inizialmente. Incredibile ma vero nella RDT c'era un'opposizione interna e tale opposizione, quando finalmente poté esprimersi, si disse contraria a uno smantellamento in toto della RDT, per vari motivi. Va sottolineato che questa opposizione non era rappresentata dalla CDU, omonima e corrispettiva formazione politica della CDU della Germania Occidentale, in quanto costantemente alleata della SED (il Partito di Unità Socialista che controllava la RDT). L'opposizione interna riteneva che, almeno inizialmente, i due Stati andassero mantenuti indipendenti e l'ingresso dell'economia capitalista nella RDT andasse modulato nel tempo per evitare shock economici.

Tramite attendibile documentazione Giacché dimostra come la RDT non fosse sull'orlo della bancarotta come in genere si sostiene. Non che la Germania Orientale fosse in forma eccelsa, né garantiva 
ai suoi cittadini uno stile di vita molto al di sopra della povertà, ma non rischiava in alcun modo il fallimento e la sua economia era in grado di autosostenersi. 

Punto di snodo e fulcro del cambiamento fu l'entrata in vigore, il 1º luglio 1990, del Trattato sull'unione monetaria, economica e sociale tra i due Stati, che prevedeva un tasso di conversione tra marco dell'est e marco dell'ovest di 1 a 1 per le partite correnti e di 2 marchi dell'est per un 1 marco dell'ovest per patrimoni e debiti.

La successiva riunificazione avvenne il 3 ottobre 1990, quando i territori della Repubblica Democratica Tedesca vennero incorporati nell'allora Germania Ovest, e 
rappresentò, a conti fatti, la ratifica di quanto già effettivamente avvenuto. Lo stato così riunificato, peraltro, mantenne il nome che era della Germania Ovest ed è ancora oggi la Repubblica Federale Tedesca.




Il 23 agosto il parlamento della Germania Orientale approvò la proposta di accessione alla RFT. Il patto di unificazione  tedesco fu firmato il 31 agosto 1990 dai rappresentanti di RDT e RFT.

Dunque l'unione monetaria precedette la riunificazione politica. Oggi forse a noi suona familiare o addirittura normale, ma a quel tempo – non solo allora, a dire il vero - gli economisti avevano avvertito per tempo che le conseguenze di una improvvisa sopravvalutazione della moneta sarebbero state nefaste per l'economia della ormai ex RDT. La voce degli economisti fu coperta dalla grancassa dei proclami politici che promettevano benessere e libertà senza nulla in cambio. Così non fu e dall'unione monetaria conseguirono la deindustrializzazione dei 
Länder RDT, poiché le industrie orientali persero competitività con la moneta rivalutata, e la disoccupazione di massa conseguente al fallimento di tante imprese: la produzione industriale dei land orientali ex DDR scese del 67% dal 1989 al 1991 (!!!).

Il caso della Treuhand è in Italia sconosciuto, eppure desterebbe l'invidia di corrotti, corruttori e mafiosi di casa nostra. La Treuhand era l'ente governativo preposto alla privatizzazione o al risanamento (a quest'ultimo si procedette rarissimamente) del patrimonio della RDT. Fu un concentrato di corruzione – accertata anche in sede giudiziaria – e di malcontento (almeno in Germania orientale). L'ente liquidò a prezzi stracciati numerosi comparti industriali, erogò fondi statali a fondo perduto e senza controlli, avvantaggiò lecitamente e illecitamente le imprese dell'Ovest che acquisirono nuovi mercati, poterono acquistare nuovi rami aziendali o semplicemente farli chiudere dopo averli acquistati. Un capitolo scandaloso della storia tedesca recente di cui si sa davvero poco.
Molto interessante notare che lo stesso modello di trust è stato imposto dalla Germania alla Grecia nell'ambito degli accordi del 2015 (lo spiega qui Il Fatto Quotidiano).

Una circostanza incredibile: i cittadini della DDR, oppressi da un regime a cui era invisa la proprietà privata (almeno in teoria), possedevano ben poco di proprio. Però erano tante le imprese e le proprietà cosiddette del popolo, cioè statali. Sotto il profilo giuridico, si sostiene, parecchio avrebbe dovuto essere assegnato ai cittadini DDR. Invece tutto il patrimonio statale della DDR fu svenduto e privatizzato. A prezzi stracciati, oltretutto, in pura perdita.

Ancora: le imprese, statali, della RDT avevano contratto debiti a tassi quasi zero con le banche, anch'esse statali, della RDT. Quindi si trattava di una sorta di partita di giro. Ma dopo l'unione tra le due Germanie le banche orientali furono immediatamente privatizzate, prima delle altre attività commerciali. E i crediti delle banche orientali furono letti come debiti effettivi, non più come una partita di giro. Le banche privatizzate ovviamente pretesero la restituzione dei debiti dalle aziende ancora aperte (o non ancora privatizzate) e iniziarono ad applicare tassi d'interesse molto più alti. Un grande affare per chi acquistò le banche ex RDT, che determinò l'impossibilità di risanare numerosissime aziende della ex RDT.

Dal punto di vista giuridico, a seguito dell'annessione della RDT, la Germania unita stabilì di applicare letteralmente da un giorno all'altro il proprio diritto sui cittadini della ex RDT. In tanti casi chi il giorno precedente era obbligato a sottostare al diritto della RDT fu sanzionato per non aver trasgredito il diritto del giorno prima... Una maniera ottusa e parziale di imporre il diritto della RFT che produsse numerose storture, specialmente in ambito penale.

Per l'Ovest l'annessione della Germania Est comportò enormi profitti. Con il tasso di conversione tra marco dell'est e marco dell'ovest di 1 a 1 le produzioni della Germania orientale non potevano essere minimamente competitive, perciò le grandi imprese dell'Ovest ebbero a disposizione da una parte uno stato intero a cui vendere i propri prodotti e dall'altra nuova e abbondante manodopera a basso costo immigrata dall'Est o direttamente nei land orientali.

I tedeschi dell'Ovest lamentarono da subito i trasferimenti di denaro a cui furono obbligati, ma in realtà le tasse pagate dall'Ovest si tradussero in sovvenzioni all'Est che permisero ai cittadini orientali di acquistare prodotti occidentali. Dunque buona parte del denaro poi tornava a Ovest o almeno nelle tasche di grandi imprenditori della ex Germania Ovest.

Secondo Vladimiro Giacché l'annessione della RDT fu un fallimento perché ridusse uno Stato autosufficiente a una condizione pressoché preindustriale.

L'autore evidenzia infine come lo stesso modello si sia attuato con l'unione monetaria europea, pur senza il paradossale squilibrio tra le due Germanie. Anche in Europa la 'periferia' si ritrovò in dote una moneta forte – l'euro – che determinò un calo di competitività, l'inizio di un processo di deindustrializzazione e di sovvertimento degli assetti economici degli Stati periferici. Come scrive sempre Galli nell'articolo già citato: "L’euro è infatti – con altro nome – il marco, il costrutto in cui la nazione tedesca dal dopoguerra si riconosce, e che la Germania ha dato in ostaggio all’Europa unita, ma che al contempo tiene saldamente in pugno, obbligando gli Stati dell’eurozona, attraverso i Trattati, a comportarsi virtuosamente – secondo la definizione di ‘virtù’ dell’ordoliberalismo –, ovvero chiedendo a più di mezza Europa di agire secondo modelli che sono tipicamente tedeschi e che le realtà politiche non tedesche devono riprodurre, almeno a grandi linee, attraverso le «riforme» e la spending review".

In conclusione, secondo Giacché, il liberismo o il neoliberismo, anche nella sua versione ordoliberalista tipicamente tedesca, non è esportabile, esattamente come non si esporta la democrazia. Un modello adatto alla Germania 
postbellica non è per forza adattabile ad altri paesi diversi per storia e struttura socioeconomica.

Aggiungo una riflessione finale: probabilmente il modello di 'liberalismo renano' aveva fatto il suo tempo a fine Anni Ottanta, quando già spiravano venti di crisi per la RFT e l'annessione della RDT l'ha soltanto provvisoriamente rimesso in piedi. Poi, all'inizio del nuovo millennio - qualcuno se ne ricorda? - la Germania unita era addirittura il 'malato d'Europa. L'euro, 'il marco con un altro nome', sulla falsariga dell'unione monetaria tedesca, ne ha risollevato le sorti, ma il prezzo da pagare per la Germania è stato proprio l'abbandono dell'ordoliberalismo per approdare al neoliberismo e alle scelte politiche che ne rappresentano l'ossatura: la riduzione del welfare state e la compressione dei redditi.
Dunque anche per i cittadini tedeschi gli 
esiti della 'tendenza alla totalità' dei suoi governanti sono infelici. E non per colpa dei poco virtuosi paesi mediterranei.

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