EUTOPIA. PROPOSTE PER UNA MONETA INTERNAZIONALE di J. M. Keynes: contro chi non vuole fare i conti con la realtà

(Ecco un post di quelli 'pesanti', che interessano pochi, mentre dovrebbero interessare tutti...)


Keynes, oltre ad essere il più celebre e discusso economista del secolo scorso, fu soprattutto una delle più formidabili teste pensanti del XX° secolo, sia per agilità intellettuale sia per capacità di considerare tutti i fattori concernenti la scienza economica sia per una lungimiranza ineguagliata. 
L'economista inglese non si è mai fatto ingabbiare dalla sua disciplina e, piuttosto, ne ha ampliato gli orizzonti e, al contempo, ha interpretato in maniera esemplare la ragion d'essere dell'economia, il cui etimo deriva dal greco οἶκος (oikos), 'casa', anche 'beni di famiglia', e νόμος (nomos), 'norma' o "legge", dunque l'organizzazione delle risorse disponibili al fine di soddisfare al meglio bisogni individuali o collettivi, giammai dogma a cui adeguare bisogni individuali o collettivi, come oggi troppi individui, in buona o mala fede, cercano di far credere.

Eutopia. Proposte per una moneta internazionale (volume curato in maniera eccellente da Luca Fantacci) rappresenta il punto terminale dell'avventura intellettuale di Keynes. Come tipico di parecchi scritti di Keynes gli interventi raccolti in Eutopia, malgrado la finalità pratica o d'occasione, rappresentano contributi teorici che travalicano le circostanze contingenti.

Nella seconda metà della seconda guerra mondiale gli alleati iniziarono già a riflettere su come gestire il dopoguerra evitando gli errori fatali commessi dopo il primo conflitto mondiale (di cui proprio Keynes fu il critico più acuto).
Era palese che il futuro degli stati sarebbe stato caratterizzato da forti squilibri nelle bilance dei pagamenti. In altre parole, alcuni paesi sarebbero stati pesantemente indebitati nei confronti di altri (in primis degli USA) a causa delle spese di guerra.

La questione fu poi regolata dagli accordi di Bretton Woods nel 1944. I testi raccolti in Eutopia raccontano l'evoluzione della proposta avanzata da Keynes a Bretton Woods in rappresentanza del Regno Unito. Prelevo il passaggio che segue dalla voce 'Conferenza di Bretton Woods' di Wikipedia (qui, se vuoi approfondire): “I progetti presentati furono quelli di Harry Dexter White, delegato USA e quello di John Maynard Keynes, delegato inglese. Il progetto di Keynes prevedeva la costituzione di una stanza di compensazione all'interno della quale i paesi membri avrebbero partecipato con quote rapportate al volume del loro commercio internazionale, in base alla media dell'ultimo triennio. La compensazione tra debiti e crediti avveniva tramite una moneta denominata Bancor. Il piano White prevedeva un ente sovranazionale, nel quale i paesi avevano un peso rapportato alla quota del capitale sottoscritto; essi avrebbero potuto accedere ai prestiti in proporzione a tale quota, in un sistema dollaro-centrico. Gli accordi di Bretton Woods sono un compromesso tra i due piani, in cui ha avuto più peso il piano White”.

Insomma, il dollaro divenne il termine di scambio rispetto all'oro, mentre il progetto della moneta solo scritturale bancor proposto da Keynes fu lasciata nell'empireo delle idee. E così il problema degli squilibri delle bilance dei pagamenti fu rimandato. Non a caso è un problema ancora sussistente, benché al sistema risultante da Bretton Woods sia stato posto termine più di quarant'anni fa. Un problema tuttora irrisolto, ritengo, anche perché non furono seguiti i suggerimenti che Keynes avanzò proprio in questa serie di scritti.

A tratti i testi annoiano o sono ridondanti perché i temi trattati sono grossomodo i medesimi, sebbene così sia possibile seguirne l'evoluzione fino a quando la proposta di Keynes divenne, come visto sopra, quella ufficiale del Regno Unito.

Stile e linguaggio, come sempre in Keynes, sono di una chiarezza cristallina, i pensieri scorrono ordinati, espressione di una dottrina perfettamente congegnata.

Secondo Keynes in genere quando si affrontano le incongruità del lasseiz faire internazionale si prendono di petto i sintomi anziché le cause. Qui sta l'asse portante di questo volume. Si è agito, e tuttora si agisce, con rattoppi contro i sintomi della carenza della domanda e della conseguente disoccupazione, mentre la causa vera del male è l'accumulazione, o meglio l'accumulabilità, della moneta. Principio valido per gli stati come per i privati cittadini. Per cui obbiettivo dell'economista inglese è far sì che la moneta sia messa in circolo anziché accantonata (magari, come è consuetudine oggi, per impiegarla in speculazioni finanziarie).

L'altro punto cruciale affrontato da Keynes in Eutopia è l'esigenza di controllare i capitali in entrata e uscita dai diversi Stati. Anche questa è un'idea che sta tornando (finalmente) oggetto di discussione, visti i danni evidenti cagionati dalle speculazioni finanziarie.

Utilissime, chiarificatrici e tutt'altro che noiose l'introduzione e la postfazione a Eutopia di Luca Fantacci, il quale sottolinea come correttamente per le proposte di Keynes si possa parlare di eutopia, cioè di un luogo migliore, e possibile, invece di utopia ovvero un luogo che non c'è, perché il piano Keynes non è diretto contro la realtà, bensì contro l'ostinazione di chi non vuole fare i conti con la realtà.

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